sabato 30 luglio 2022

La mattina con Jack




Faceva schifo. Ma non c’erano alternative. Era l’unica cosa da fare.

La serata era finita a Jack Daniel’s e plumcake. Come poteva mai cominciare?

Aveva aperto gli occhi alle undici. Si era toccato il braccio destro completamente addormentato. Era ancora attaccato al corpo. Una buona notizia. La stanza era piena di vestiti che sembravano corpi martoriati dallo scoppio di una bomba atomica improvvisa. In effetti di sopravvissuti in quei metri quadrati ce n’erano pochi. Un paio di scarpe perfettamente in ordine, solo perché non le toccava dall’ultima volta che era andato ad un ricevimento, sette mesi prima e le carte delle traduzioni che gli davano al lavoro.

Si era arretrato come al solito. Doveva tradurre entro quel pomeriggio ottanta cartelle, e sapeva già che non ce l’avrebbe fatta. Non in quelle condizioni. Sarebbe stato l’ultimo errore tollerato. Avrebbe perso il lavoro. Per un attimo si fermò a riflettere con quali soldi avrebbe comprato il Jack. Poi si tranquillizzò pensando che avrebbe ricominciato a rubare, come prima. Forse del resto non aveva mai smesso. No. Non era il momento di fare bilanci.

Aveva ancora un buco allo stomaco. Sapeva che faceva schifo, ma sapeva che doveva farlo. Andò in cucina. La tapparella abbassata lo costrinse ad accendere la luce. La bottiglia era ancora sul tavolo da pranzo. La afferrò con due mani. Iniziò a mandare giù e riconobbe subito il sapore della sera prima. Senza plumcake questa volta. Si fermò. Lo sentì. Stava per arrivare. Andò al cesso. Vomitò tutto il vomitabile. Si pulì la bocca con la manica della maglietta. Tirò un sospiro e si rialzò.


sabato 23 luglio 2022

Il disegno di Roma





“Bellissimo complimenti”

“Grazie” rispose Gianni abituato a quei giudizi gratuiti. Nessuno comprava, ma tutti si complimentavano. In un angolo ai piedi del Colosseo la sera esponeva i suoi acquerelli raffiguranti Roma. In tanti si fermavano, in pochi mettevano mano in tasca.

Luca riprese per mano Ginevra e continuò la sua passeggiata. Faceva davvero caldo. Ma visitare Roma d’estate era stata più una scelta dettata dall’obbligo che dalla volontà. Di turisti ce n’erano a migliaia solo in quel pezzo di Città. Di indigeni pochi. Molti al mare, tanti in vacanza.

Spaccarono ancora una volta la via e proseguirono. Altri ambulanti, altre proposte. Pochi compravano. Tanti fotografavano, tutti camminavano nei due versi.

A un certo punto Luca vide un uomo correre. Aveva un mazzo di fiori in mano e la carnagione scura. Dietro di lui una guardia lo inseguiva. Era piuttosto grassottello e l’affare non era facile. Una gazzella decise di andare in soccorso dell’inseguitore. Decise di bloccare l’uomo ma il semaforo giocò in favore del venditore di rose. Luca si gustò la scena. Due passi più avanti c’era un’altra guardia. Di fronte a lui la bancarella di un altro artista. I suoi disegni venivano accatastati uno sopra l’altro. Lui era immobile. La guardia continuava a prendere con la destra, portare sulla sinistra e reggere con l'avambraccio i disegni. Il venditore aveva iniziato a rovistare nel borsellino probabilmente per trovare i documenti richiesti.

Luca si girò verso Ginevra. La baciò.

“Torno subito” disse.

Lei non capì. Lo guardò strano.

"Dove vai?"

Lui partì veloce. La giornata era stata faticosa ma iniziò a correre con tutte le sue forze. Correva e guardava dietro. Schivava gente. E continuava ad andare.

Si fermò quando arrivò dal ragazzo dei disegni fatti con gli acquerelli.

“Ci sono le guardie”

Lui lo guardò. Non si muoveva.

“Devi togliere tutto. Ti fanno le multe. Via via” disse mentre ansimava e agitava le mani facendo il segno internazionale dell'andare via.

In un secondo il ragazzo aprì lo zaino, buttò dentro i colori e i disegni. E lo guardò. Non disse nulla.

Iniziò a camminare zaino in spalla in direzione opposta a quella da cui proveniva Luca. A un certo punto, dopo una ventina di passi, si volse verso di lui alzò la mano destra per salutarlo e ringraziarlo.


venerdì 22 luglio 2022

La vacanza





Quella non era una mattina come le altre. La famiglia Cozzi partiva in vacanza. Era tutto pronto. Quindici giorni nel Salento, dove avrebbe goduto del mare e del sole e dell’ottimo cibo e delle sagre e degli eventi e degli spettacoli per i bambini e di tante altre iniziative che apprezzavano e di cui ne avevano solo sentito parlare.

Le valigie erano pronte, erano pronti i due bimbi Carlo e Luca, era pronto Woolf. Il piano diceva che avrebbero lasciato Milano alle 6 del mattino e dopo dodici ore di auto nel tardo pomeriggio avrebbero goduto del tramonto e magari di uno spritz salentino con i bimbi a giocare in acqua e i grandi distesi sui loro lettini.

“Allora siamo pronti per viaggiare?” urlò il padre rivolgendosi a tutta la truppa.

I due bambini urlarono un Sì convintissimo, la madre abbassò gli occhi, come le succedeva da qualche giorno a quella parte. Ne avevano già discusso e sapeva che non c’erano margini di trattativa.

La prima ora di viaggio andò spedita con i bambini eccitatissimi per il loro primo balzo fuori dalla Lombardia. La temperatura ancora era gestibile. Quando arrivò il caldo crollarono in un sonno beato che avrebbe lasciato in pace per qualche ora gli adulti. Il papà pensò che quello era il momento adatto.

Prese l’uscita per il primo autogrill. Scese dall’auto seguito dalla moglie con Woolf al guinzaglio. Entrò nel locale. Consumò un caffè veloce al banco mentre la donna controllava sulla porta che i bimbi non si svegliassero. Appena l’uomo fu fuori si fece dare il collare. La donna abbassò la testa e andò in macchina senza fare rumore. L’uomo fece un doppio nodo al primo palo che trovò, salutò Woolf con una carezza in testa e ritornò verso la macchina per partire e continuare il viaggio.




domenica 17 luglio 2022

Pezzenti



“Vai a vedere se c’è un ombrellone dai che siamo in ritardissimo…”

Andrea, trascinandosi sulla sabbia, seguì il consiglio di Barbara, la sua compagna.

Poi ci ripensò. Si fermò.

“Vieni con me che ci prendiamo un caffè mentre chiedo al bagnino.”

Arrivarono nel chioschetto del lido. 

“Due caffè” sentenziò Barbara mentre Andrea già aveva cambiato espressione.

Quando fu da lei, disse soltanto:

“Cafoni arricchiti”

“Che succede?” chiese la donna.

“Trenta euro per un ombrellone”

La donna si guardò intorno. Era pieno. Nonostante fossero solo le dieci e mezzo già la spiaggia strabordava di turisti e autoctoni che prendevano il sole sul lettino o facevano il bagno.

“Spostiamoci qui vicino. C’è la spiaggia libera” concluse.

Sistemarono le loro borse vicino una grossa pietra che utilizzarono per segnaposto, scalciarono i loro sandali sulla sabbia e misero a terra gli asciugamani.

La spiaggia era davvero assolata. A pochi passi da loro, una donna indiana esponeva la sua merce, nello specifico delle borse per il mare.

Andrea andò da lei. La guardò.

“Signora, le do dieci euro se quando siamo a fare il bagno dà uno sguardo alle nostre cose.”

“Non si preoccupi” rispose solamente lei.

Lui tornò in posizione, tolse la maglietta. Barbara fece la stessa cosa. “Sono al sicuro qui gli zaini?” domandò.

“Ho appena incaricato quella nera di controllare le nostre robe. Le ho promesso dieci euro” concluse.

“Bene, allora entriamo in acqua che si soffoca”

I due si avviarono verso la riva. Il primo contatto con l’acqua non fu traumatico. Quel luglio bollente aveva già riscaldato il mare. E anche se non lo avesse fatto, quella folta presenza di bagnanti avrebbe comunque azzerato ogni corrente di acqua fresca.

“Madonna, quant’è bello” disse Barbara uscendo dall'acqua e facendo scivolare i capelli neri lungo la testa, sollevando in aria i gomiti e facendo risaltare la frase di Ligabue tatuata tra il gomito e il polso.

Andrea se ne uscì solo con un “Rigenerante”.

Passò a fianco al negozio ambulante della signora indiana che fece un cenno di interessa come a dire “tutt’appost” e proseguì verso il loro posto. Infilò gli occhiali e si distese pancia in giù. Tempo due minuti stava già dormendo.

Fu svegliato, però, tempo altri due minuti, da un urlo della sua compagna.

“Il cellulare. Mi hanno rubato il cellulare”

Qualcuno si voltò. Qualcun altro pensò che non era il caso. Due o tre bambini smisero per qualche secondo di giocare a palla.

Si alzò di scatto. Corse verso la donna.

“Com’è che manca il cellulare?”

La donna lo guardò terrificata.

“Non è possibile. Non si è avvicinato nessuno”

“Mi prendi pure per il culo. L’hai preso tu?”

“No. Assolutamente” rispose lei.

Il figlio della donna, più terrorizzato di lei, si era rannicchiato in basso. Qualcuno iniziava a guardare verso la donna e a scuotere la testa.

“Dammi sto cellulare prima che chiami la Polizia”

“Io… io non ho niente” balbettò lei.

“Muoviti” le urlò contro a un certo punto.

Le donna abbassò il capo.

All’improvviso un calcio fece volare tre borse di paglia esposte. Un altro ne distrusse altre due. Una manata su un’altra borsa la aprì in due.

Il banchetto ormai era saltato. La donna tratteneva le lacrime. Il bambino si stringeva intorno alla sua palla. Fermo immobile. Con la testa bassa.

L’uomo si indirizzò verso il bambino. Gli strappò il pallone dalle mani.

“Lascialo stare” urlò la donna. Ma nessuno in spiaggia si mosse.

“L’hai preso tu il cellulare? Dammelo”

Il ragazzino scuoteva la testa e piangeva a dirotto per il pallone scalciato lontano.

Barbara arrivò sulla scena.

“L’ho trovato” disse soltanto “era nella tasca laterale” concluse alzando il mattoncino nero al cielo.

Andrea lo guardò. Poi si rivolse alla donna: “Mi scusi.”

Lei non disse nulla. Il bambino andò verso il pallone per recuperarlo.

“La prego di accettare questo soldi per rimborsare la sua merce” disse togliendo dal borsellino due pezzi da cinquanta euro.

“No grazie” rispose solamente la donna già china verso le borse che erano a terra, chiudendo definitivamente la discussione.




sabato 16 luglio 2022

Eravamo noi - gara di racconti

 ERAVAMO NOI


Will Traynor mi guardò intensamente e un sorriso gli aprì il volto. Da quanto non ci vedevamo? Non potevo capirlo. Non mi interessava. Era assurdo. Dov'era stato, dov'ero stata? Perché ci eravamo allontanati? Così, all'improvviso senza dire niente. Come se fosse normale. Il silenzio si era impossessato di noi. Dopo tutto quello che era successo forse era la cosa più forte che ci potesse capitare. Solo il silenzio poteva superare il rumore dei nostri cuori.

Lo guardai. Era lui. "Ciao" gli dissi.

Mi guardò. Sono sicuro che pensò la stessa cosa "era lei". "Ciao" mi rispose.




Questo racconto partecipa al concorso del gruppo SEI - Scrittori Emergenti Italiani. Dato un incipit, i candidati sviluppano il racconto in massimo 100 parole.

giovedì 14 luglio 2022

Tutta colpa della luna

"E' tutta colpa della luna..."

"Mamma mia, sine quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti. William Shakespeare. Ma non è che ogni volta che c'è la luna piena mi devi ripetere questa frase"

"Ma perché? E' così bella? Ma ti ricordi dov'eravamo quando c'era la luna piena e te lo dissi la prima volta?"

"E come farei a dimenticarmelo" rispose alzando gli occhi al cielo.

Lui la guardò.

"Avrei fatto meglio ad ascoltare mia madre. Non uscire con quello lì"

"Tua madre mi chiamava quello lì?"

"Sì. E anche mio padre se vuoi saperlo."

"Annamo bene. Non sono mai stato il preferito dei tuoi genitori"

"Beh, no. Decisamente."

"I tuoi genitori preferivano quell'altro, come si chiamava?"

"Non fare finta che non ti ricordi il nome. Te lo ricordi benissimo..."

"No, davvero non mi viene..."

"Ti viene ti viene"

I due si girarono a guardare il mare. Tra i loro occhi c'era distanza.

"Quindi non lo rifaresti?"

"Cosa?"

"Non verresti più al mare con me con la luna piena?"

"Probabilmente no!"

"Ah. E perché?"

"Boh, probabilmente ora sarei libera. Oppure avrei sposato un miliardario e sarei sulla barca con Gianluca Vacchi, invece di dover badare ai tuoi due mocciosi."

"Veramente sarebbero anche tuoi i bimbi"

"Vabbé ma tu li hai voluti!"

"Ah quindi li ho fatti da solo?"

Il mare rifletteva la luna. L'acqua era ferma. Non c'erano onde. Il giorno dopo sarebbe stata una bellissima giornata infuocata. Le coppie passeggiavano sul lungomare, mangiando un gelato. I gruppi di ragazzini sostavano vicini ai loro scooter, fumando e bevendo una birra.

"Com'è che siamo arrivati a questo punto?"

"Quale punto?"

"Ci stiamo rinfacciando i nostri figli"

"Stiamo solo scherzando scemo"

"Sicura?"

"Sicuro"

"Quindi ci torneresti con me a vedere la luna? Perché la luna quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire gli uomini"

"Dipende"

"Come dipende? Da cosa?"

"Se la smetti di citare Shakespeare"

...

Blu - il racconto di un tuffo






"Eh mo che vogliono questi?"

"Ehi Erika, che modo di rivolgerti è?"

"Scusa mamma ma quelli occupano il posto dove ci ha invitati Claudio"

"Vero, Claudio ci ha invitati qui. Ma chi l'ha detto che il posto sia solo suo?"

"Ma come? Ieri sera ha detto che ci viene da sempre qui"

"Certo, ma il mare è di tutti"

"Ma c'è tanto mare, perché sono venuti proprio qui?"

Erika, Riccardo e Assunta continuarono a scendere le scalette di Santa Caterina per approdare in un angolo uno degli infiniti angoli di paradiso del Salento. Alla vista di due turisti che si erano posizionati al "loro posto", però, Erika, la più piccola dei figli di Assunta, non fu entusiasta.

Riccardo invece aiutava la madre a raccogliere cicche e bottiglie di plastica e tanti altri rifiuti lasciati evidentemente dalla sera prima.

"Uno schifo" li accolse una dei due turisti in mare. "Un vero schifo. C'era anche una bottiglia di birra rotta"

"Ho riempito un'intera busta di plastica" fece per tutta risposta Assunta guardando i due nuovi ospiti in acqua che si riposavano sui loro materassini.

"Ieri pomeriggio non c'era tutto questo. Evidentemente stanotte hanno festeggiato" aggiunse la turista, facendo implicitamente capire a Erika che non era la prima volta che occupavano quello spazio.

I due ragazzi lasciarono controvoglia le loro cose vicine agli zaini dei due turisti, come se qualcuno avesse invaso il loro spazio, avesse preso qualcosa che era loro, avesse ridotto la loro porzione di terra in questo mondo, e iniziarono la scalata verso uno scoglio posto cinque barra sette metri più in alto. I nativi della zona lo chiamavano Acapulco, perché era da lì che si facevano i tuffi. 

Riccardo, non appena ci mise piede, sembrò non credere ai suoi occhi. Si sporse un po', prese le misure, guardò giù, e si tuffò. Erika era ferma. Il fratello impattò con l'acqua, fece il giro, risalì gli scogli e si rituffò. La mamma li guardava mentre era ancora china per terra a pulire la scogliera dai rifiuti della sera prima. I due turisti che avevano scambiato qualche parola con la signora erano ancora in acqua a godersi il loro bagno. Un'altra cicca raccolta, messa nella busta. I due turisti si guardavano, poi guardavano i ragazzini.

"Mamma" se ne uscì a un certo punto Erika.

"Dimmi tesoro" fece Assunta.

Poi Erika non parlò più.

"Tesoro" aggiunse la mamma.

Niente.

Si allungò, superò con lo sguardo lo scoglio e vide la bambina piangere. 

"Che succede?"

Intanto Riccardo la superava e si gettava per l'ennesima volta in acqua. Schizzò all'impatto e fece di nuovo il solito percorso di risalita.

La bambina era immobile.

"Non ci riesco" disse mentre guardava giù.

La mamma sorrise.

"Ma è normale, è molto alto."

"Ma io vorrei buttarmi"

"Lo so, tesoro. Ma siamo appena arrivate. Prendi prima confidenza con l'acqua. Potresti buttarti da qui, guarda" disse indicando qualche metro più in giù, da dove partiva un pezzo di roccia piatto, comodo per prendere lo slancio"

Il fratello continuava a buttarsi a candela e Erika lo continuava a guardare con invidia e voglia di emularlo.

Poi guardava giù e la paura prendeva il sopravvento. 

Infine, si convinse. Si spostò nel posto indicato. Le gambe tremavano di meno. La bocca sorrideva.

"Non la vedo" disse Assunta a uno dei due turisti in acqua.

"E' qui. E' sulla scoglio" rispose lui avvicinandosi alla ragazzina.

"E' basso?" chiese la madre.

"Sì, sì, va bene" assicurò lui.

Erika prese coraggio e si buttò. L'eccitazione e la paura appena arrivò sul blu dell'acqua si amplificarono e la ragazzina esplose in una risata contagiosa. Era felice, voleva subito rifarlo. Prima seconda terza bracciata. Uscì dall'acqua. Risalì la roccia. Poi ci pensò su. Guardò suo fratello. Anche qualche altro gradino verso l'alto. Lo raggiunse. La mamma la guardava preoccupata. Il fratello la aspettava. 

"Ora ci provo" sussurrò a Riccardo.

"Dai" disse quello mettendole una mano delicatamente sulla spalla.

I due si guardano. I loro occhi comunicavano intesa. Lei prese la rincorsa e si lanciò verso il mare.





lunedì 11 luglio 2022

Le impronte del bianco - gara di racconti SEI







LE IMPRONTE DEL BIANCO


Erano passati sei mesi dalla morte della donna, ma il suo profumo rimaneva intrappolato in quella maledetta casa. Adriano si era rifugiato in cantina proprio per non doverci fare i conti. Aveva lasciato il lavoro. Aveva smesso di curarsi. Aveva buttavo il telefono. Aveva deciso, lentamente, di lasciarsi morire. La cantina sarebbe stata il suo loculo. Era freddo, quella mattina. Aveva ripreso a nevicare, forse era la giornata giusta per terminare il suo piano. Risalì dalla cantina, uscì fuori. Ma il suo sangue diventò più gelido della neve quando vide le impronte sul bianco che conducevano verso la porta.


Con questo racconto ho partecipato al concorso "Gara di racconti in 100 parole" edizione n.19 tenutosi sul gruppo Scrittori Emergenti Italia". Il regolamento prevede che si parta da un incipit già dato e il racconto vada sviluppato in cento parole.




venerdì 8 luglio 2022

Ti ho trovato fra le pagine - l'uscita del nuovo libro




E' uscito oggi, venerdì 8 luglio, TI HO TROVATO FRA LE PAGINE, un libro edito da Las Vegas Edizioni. Insieme a tanti altri librai d'Italia ho partecipato ad un'idea, ad una scommessa lanciata da questa prestigiosa, giovane e dinamica casa editrice di Torino e sono stato selezionato, insieme ad altri 14 colleghi che gestiscono delle librerie da Trieste a Siracusa.

Il mio racconto "Volo per terra", scritto di getto, in maniera veloce e senza pensarci su, perché quando ho letto il regolamento del concorso mi si è fatta davanti l'idea e non mi ha più lasciato, rappresenta un momento di evasione dalla realtà, ma al tempo stesso di testimonianza del mio lavoro in libreria.

Anche gli altri racconti sono ambientati nel mondo dei libri, tra scaffali e lettori, fra gente che non può fare a meno di leggere e cose strane che succedono tra le pagine della vita.


Di seguito la scheda del libro disponibile in tutte le librerie e store on line:

Sei in libreria, improvvisamente le luci si spengono e le serrande si abbassano. E tu rimani bloccato dentro.

Oppure hai una libreria che sta per chiudere per sempre e ti aspetta un’ultima consegna. Il cliente è un androide appassionato di vecchi romanzi.

Oppure la tua famiglia acquista una libreria, che però è infestata dal fantasma dispettoso del proprietario precedente.


Qui sono raccolte storie di libri e lettori, spesso di librerie e librai.

Ad aver scritto questi racconti sono proprio le libraie e i librai.

Sull’argomento che conoscono meglio: i libri.


Abbiamo chiesto ai librai di tutta Italia di scrivere un racconto sul tema dei libri.

Quelli che trovate in questa antologia sono i racconti migliori tra quelli che abbiamo ricevuto, da Trieste a Siracusa.

Alessandro Barbaglia, Sabrina Bordignon, Marino Buzzi, Aurelia Calì, Marco De Matteis, Alessio Fasano, Laura Fedigatti, Davide Franchetto, Laura Gandolfi, Angelo Orlando Meloni, Francesca Mogavero, Marco Mogetta, Davide Piras, Alan Poloni, Loriana Ursich.


Pagine: 141

Formato cartaceo: 15 x 21

Formato ebook: epub senza DRM

Uscita: luglio 2022

Isbn cartaceo: 9788831260183

Isbn ebook: 9788831260190




giovedì 7 luglio 2022

La fine - gara di racconti SEI




LA FINE


Dunque è così che si sente una madre? pensò la donna appena arrivò sul luogo. L’avevano buttata giù dal letto, un poliziotto con la voce fredda e stanca le aveva detto di raggiungere la tangenziale perché suo figlio aveva avuto un incidente. Da quel momento non aveva capito più nulla. Era uscita dal letto, aveva preso la macchina e corso fino al luogo indicato. Una volta arrivata lì ambulanze e macchine dei pompieri avevano completato il quadro di ciò che temeva. A terra era una strage. Rosso sangue e bianco lenzuoli. Stava per lasciarsi andare a terra quando senti la voce del figlio dirle “Mamma sto bene”



Questo racconto ha partecipato al concorso "Gara di racconti in 100 parole" del 2 luglio 2022 tenutosi sul gruppo Scrittori Emergenti Italia". Si parte da un incipit già dato e il racconto va sviluppato in un limite stabilito.

Il pezzo si è classificato al terzo posto, a sole due preferenze dal primo. 



lunedì 4 luglio 2022

Goodbye Novecento, la notte del 2000






"Oh ma è vera questa storia del treno?"

"Così dicono, non lo so!"

"Ma dicono chi?"

"Io ho sentito parlare dei ragazzi più grandi"

"Allora sarà sicuramente vero"

"Non ci resta che provare"

"Ma non sarà pericoloso?"

"Oh insomma se ti cachi sotto non farlo. Lo faccio io. Puoi tornare a casa" concluse indicando con la mano destra la zona Sud della città dove abitava il suo amico.

"Va bene, stai calmo, però"

"Io sto calmo. Ma tu sai cosa rischiamo qui da mezzanotte. Dai seguimi"


E quando Giove che parla ai pesci

con la luna si sposerà

Saturno amico capirà

ed ogni donna con il suo uomo

l'amore vero ritroverà

potrò chiamarti amore da qui all'eternità


I due saltarono la staccionata e si misero a camminare nella stessa direzione dei binari.

"Oh però fa un freddo della madonna"

"Oh, però mi sembra che ti stai cacando sotto"

"Smettila. Ti sto solo dicendo che fa freddo"

"Siamo a dicembre, sarebbe strano se facesse caldo"

I due risero. Continuarono il cammino e finalmente trovarono un vagone abbandonato. Saltarono su. Si sedettero, presero un sorso di thé bollente dalle loro borracce e tolsero le coperte dagli zaini. Quello che, visti da fuori, sembrava il capo si stese e prese una sigaretta, fece primo e secondo tiro. Aveva ragione il suo amico: faceva davvero freddo. E l'arrivo della sera non aiutava, anzi. La temperatura scendeva vorticosamente.

L'appuntamento col treno sarebbe stato per le undici e cinquanta di sera. Ma non potevano farsi trovare impreparati. E soprattutto dovevano essere in prima linea. Se la notizia si fosse diffusa, tutta la città si sarebbe catapultata sull'unica coincidenza disponibile. Il piano era semplice: saltare sul treno in corsa, che in quella stazione ci passava lentamente, e provare a scappare dalla maledizione del 2000. Si continuava a dire, infatti, da più parti, che quando la mezzanotte fosse scoccata, il passaggio dal 1999 al 2000 avrebbe significato la fine del mondo. Un grosso buco nero nel quale sarebbero tutti stati risucchiati, dopo una forte esplosione. Tranne, e questa era la voce che avevano messo in giro dei ragazzi qualche giorno prima, per chi contemporaneamente a quell'esplosione fosse stato in viaggio. In quel modo avrebbero superato il botto e viaggiato anche nel tempo, riuscendo a superare il confine con il nuovo millennio e arrivandoci tutti interi.


Tre minuti al duemila

notte umana notte di Frontiera

dalla terra alla luna

tre minuti a tutti buona fortuna


"Ma con chi hai parlato?" continuò il più insicuro dei due.

"Madonna mo ti lascio qui" disse Jack guardando verso est, dalla zona, cioè, da cui sarebbe dovuto arrivare il treno. 

"Facciamo così, tu dormi io rimango sveglio a presidiare. Ti chiamo per le undici e mezzo così abbiamo il tempo di preparare tutto".

"Sì, ma se vedi qualcuno arrivare, avvisa. Dobbiamo essere i primi e in prima fila. Dobbiamo prenderlo noi il treno. Per forza. Noi. Poi si vede se per gli altri c'è posto."

"Ok. Ricevuto capo" rispose facendo un cenno di saluto militare.

"Anzi" disse mettendo la mano destra nello zaino contorcendosi per non toglierselo dalle spalle "tieni questa. Se arriva qualcuno e insiste, usala".

"Cazzo fai Jack?" disse all'improvviso Paul mentre si guardava la mano con la quale impugnava la pistola.

"Senti ti vuoi salvare o vuoi fare Fate bene fratelli?"

"Sicuro non voglio ammazzare"

"Neanche io, infatti la sto dando a te" e soffocò una risata nervosa.

"Sei un coglione" rispose lui dandogli uno spintone.

"Senti dammi qua" fece Jack strappandogli l'arma dalle mani. "Dormi tu, sto sveglio io"

Paul si sentì subito più tranquillo non avendo quel coso di ferro ghiacciato in mano. Si appoggiò e si fece trasportare dalla fantasia. Si sarebbero salvati? Avrebbero preso il treno al volo? Cosa sarebbe successo?

Il tempo di darsi tre o quattro risposte che sentì in lontananza i rumori sempre più vicini. Aprì entrambi gli occhi, guardò l'orologio: le 23:49. Mancava un minuto alla coincidenza. Stava arrivando il treno. E dov'era Jack?

Si buttò giù dal vagone fermo e morto e si mise sui binari. Guardò il suo amico che era lì fermo ad acciuffare il treno in arrivo, praticamente semi-deserto. Iniziò a correre verso. Poi si fermò. Capì che non ce l'avrebbe mai fatta. Arretrò. Il treno accelerava dopo aver rallentato nei pressi della stazione. La soluzione era una solamente. Doveva saltarci su quando passava da dov'era lui. Una manovra difficile e complessa. Il treno si avvicinava. Più si avvicinava, più vedeva il volto dell'amico. Sembrava che stesse ridendo. Un ghigno gli apriva la faccia. Si sentì strano. Sconvolto. Perché? Forse era colpa sua, forse l'amico aveva provato a chiamarlo, forse non l'aveva sentito. E lui alla fine, per forza di cose, aveva abbandonato il vagone. Il treno era praticamente arrivato. La velocità aumentò. Era quasi possibile salirci su, ma decise di provarci lo stesso. Qual era l'alternativa? Aspettare quindici minuti e morire col bug del nuovo millennio? Prese la rincorsa, si fece coraggio, provò a chiudere gli occhi ma si rese conto che era una stronzata, li riaprì e si preparò a saltare su. Ce la fece, si aggrappò ma in condizioni precarie. Una mano era afferrata ad una manica di un portellone aperto, un piede poggiava sul treno e l'altro volava per aria. Con la seconda mano cercava di ondeggiare e tenere l'equilibrio. Guardò Jack. Jack guardò Paul. Gli tese la mano. Paul fece forza e provò a richiamare quella libera per tenderla verso Jack. Jack sorrise, spostò la sua mano in tasca, estrasse la pistola. La puntò verso Paul. A quel punto, l'equilibrio precario terminò di botto, sentì un colpo forte e vide tutto nero all'improvviso. 


Tre minuti al duemila

tre minuti e a tutti buona fortuna


Per i primi trenta secondi di nero Paul non capì se Jack aveva fatto fuoco o lui si era buttato giù dal treno per evitare che lo facesse...