mercoledì 30 ottobre 2013

"Io e te" di Niccolò Ammaniti

Ammaniti fa parte di quel gruppo di autori che una volta incontrati fai fatica a lasciar andare. L'ho conosciuto relativamente tardi, tenendoci però a recuperare in un paio d'anni il debito accumulato. Ho letto prima di tutto "Io non ho paura", romanzo con il quale è scoppiato l'amore con questo autore. Da quel momento è entrato tra i miei preferiti. Quello di cui vi parlerò oggi è, però, "Io e te", libro uscito qualche anno fa (2010) ed edito da Einaudi (costo 10 euro). Il racconto è breve, brevissimo. E' composto da circa cento pagine. Pagine che però sono intensissime. E' lo stile stesso di Ammaniti ad essere intenso, avvolgente, accelerato. La vita dei personaggi viene fuori dalle pagine del libro e ti circonda, ti avvolge facendoti entrare nella storia. I problemi di droga di uno dei personaggi diventano anche i tuoi, la solitudine e la lontananza dagli schemi imposti da società e amici dell'altro personaggio-protagonista li provi anche tu. Il ritmo della narrazione è spaventoso. Non hai tregua. Non hai tempo per riflettere. E questo penso che sia uno dei vantaggi dei libri brevi di cui parlavamo all'inizio. Gli autori che scrivono romanzi lunghi (oltre le 400) hanno il grossissimo vantaggio della descrizione, della cura dei particolari, della presentazione dei personaggi, a discapito della velocità. Lo stile è quanto di più accattivante possa esistere. Allo stesso tempo è drammatico, crudo, diretto. C'è spazio per la speranza, per la riscossa, per il cambiamento. O meglio, ti illudi che ci sia. Però poi capisci anche che la vita è altro. E la speranza rimane una appunto una "speranza". Lorenzo, come abbiamo detto, è un ragazzo fuori dal comune, non ama la compagnia, ed è disposto a mentire ai suoi genitori pur di organizzare una vacanza a modo suo. Lorenzo ha 14 anni. Il protagonista di "Io non ho paura" ne aveva (vado a memoria) 12. Ammaniti da il meglio di se stesso quando parla di questi ragazzi. Mentre la madre lo accompagna all'appuntamento con gli amici che dovrebbero partire con lui per la settimana bianca lui è concentrato sul suo mondo, sul suo piano. Il piano è semplice: mollare gli amici e con una ricca scorta di cibo precedentemente realizzata rinchiudersi nella cantina del suo stesso palazzo per trascorrere lì quella settimana. A modo suo. Con i suoi libri, i suoi dischi, la sua vita. E' tutto organizzato alla perfezione, anche le scuse con cui convince i genitori, anche i trabocchetti per non far parlare sua madre, al telefono, quando lo chiama, con i genitori dell'amico che lo starebbero ospitando in montagna. Tutto finché non interviene una persona con cui fino a quel momento Lorenzo non aveva avuto un grande rapporto. Olivia è la sua sorellastra e non vive con la famiglia di Lorenzo. Anche Olivia scappa da qualcosa, come Lorenzo. Olivia è bellissima e incasinatissima. Nei giorni in cui vivranno a stretto contatto c'è tutta la vita: c'è l'odio tra due persone che non si sopportano e anzi che credono che l'uno esista solo per rovinare la vita all'altro; c'è la solitudine di due anime che non hanno probabilmente ancora trovato la propria natura; c'è la complicità che solo il rapporto tra fratelli può generare; c'è l'amore che subentra nei momenti drammatici; c'è la disperazione che Lorenzo vive quando capisce che forse Olivia non ce la farà a mollare la droga nonostante entrambi si stessero impegnando a fondo. La settimana che Lorenzo doveva vivere in solitudine diventa una lotta contro il tempo, contro l'astinenza, contro il richiamo della droga. Il tempo da tantissimo diventa pochissimo, la noia lascia il campo agli eventi, la vita si dimostra in tutta la sua drammaticità. Quando i due sembrano aver vinto questa guerra silenziosa ma terribile Lorenzo si rende conto di essere rimasto solo, Olivia non c'è più. Solo, con in mano una lettera. Quella con cui Olivia lo saluta e gli dice tutto quello che non è riuscita a dirgli di persona. La lettera che rappresenta la loro unione come fratelli, come amici, come lottatori. La stessa lettera che Lorenzo stringerà tra le mani nel finale del racconto, quando si troverà per l'ultima volta di fronte alla sorella, in un luogo clamoroso. Clamoroso e sorprendente come i finali di Nicolò Ammaniti, che per quanto possano essere tragici sono unici. Sono i suoi.

venerdì 25 ottobre 2013

"Non si può morire la notte di Natale" di Enrico Ruggeri

Sono solitamente scettico rispetto ai prodotti editoriali da parte di personaggi dello spettacolo o comunque non propriamente scrittori di professione. Tutto ciò ovviamente non può valere per Enrico Ruggeri che a) è uno dei cantati che apprezzo e ascolto anche e soprattutto per il contenuto delle sue canzoni e b) è sicuramente una persona non estranea al mondo della cultura. Fatta questa doverosa premessa, accompagnata dal fatto che comunque lo scrittore-cantante in questione non è sicuramente un esordiente, avendo scritto e pubblicato altri libri (magari di carattere biografico, ma pur sempre libri) vi dirò del libro. Viene pubblicato da Dalai nel 2012 con il prezzo di copertina di euro 13,90. Leggendo qua e là le recensioni e i giudizi, soprattutto su www.ibs.it, rimango un po' spiazzato nel momento in cui mi accorgo che probabilmente non proprio a tutti questo racconto è piaciuto. Forse per le perplessità di cui parlavo all'inizio, forse perché scrivere un giallo non è mai facile e forse perché i lettori appassionati di questo genere (e io non rientro in questa categoria) hanno standard molto elevati e aspettative un tantino più alte. La storia probabilmente peccherà un tantino di contenuti e di descrizioni e non sarà piena di colpi di scena, però rappresenta (in particolare nel suo incipit) un discreto tentativo di originalità. L'idea iniziale a me è sembrata innovativa, coraggiosa, di quelle insomma che ti fanno decidere che si, il libro vale la pena di essere letto. Giorgio, che di questa storia è il protagonista, è un uomo di successo. Di quel successo che oltre ai soldi ti conferisce fama, notorietà e che ti rende agli occhi dei fan un mito. Un mito da desiderare, anche e soprattutto dal punto di vista sessuale. L'uomo, che presto scopriremo vivere una vita familiare tutt'altro che lineare e affettuosa, la sera della vigilia di Natale decide (o almeno per gli investigatori) di spararsi in testa, tentando il suicidio. Dico per gli investigatori perché nel racconto Giorgio è anche il narratore ed è facile accorgersi quindi che di togliersi la vita non aveva la benchè minima intenzione. Qui nasce appunto il mistero: è suicidio o è tentato omicidio? era lucido o era drogato? e se era drogato lo aveva fatto coscientemente da solo o era stato inganno con un miscuglio di acool e sostanze? Queste domande che il lettore si pone se le pone anche il protagonista che a questo punto, riuscitosi miracolosamente a salvarsi, non sa più di chi avere paura, di chi fidarsi, cosa pensare? Inizia quindi, nel suo letto, nella sua condizione estremamente fragile e delicata, da una parte a tentare di ricostruire il suo fisico lacerato e rimettersi in forma, dall'altra a tentare di ricostruire mentalmente, senza parlare o senza chiedere aiuto a nessuno (e a chi se no?), il suo passato, in particolare ciò che era successo in quella maledetta notte. La tristezza, il senso di abbandono e la delusione per questa situazione saranno accentuati dal fatto che paradossalmente Giorgio si troverà nella situazione di potersi fidare solamente della sua domestica. Inizia a sospettare della moglie (ex), dei figli (di entrambi farà una breve cronistoria grazie alla quale avremo modo di conoscerli meglio), degli amici più o meno fidati. Inizia un lavoro tutto mentale con il quale scaverà nei ricordi anche a rischio di farsi ancora più male. Sarà un viaggio muto. In un primo momento perché effettivamente si trova nella condizione di non poter utilizzare la parola, in un secondo momento, quando grazie ai progressi riacquista la parola e la mobilità, perché continua a fingere di trovarsi nella condizione iniziale per non doversi trovare a giocare (col potenziale assassino) a carte scoperte. Sarà un viaggio muto anche e soprattutto perché manca la figura di un vero e proprio confidente, con cui è più facile aprirsi, condividere le scoperte, ottenere sensibili risultati. E' anche in questa situazione che si nota la fragilità di un uomo di successo, i cui rapporti sociali sono fondati sul nulla o quasi, i cui rapporti familiari sono molto spesso fondati sul parassitismo. Il linguaggio che usa Ruggeri in questo romanzo è per me uno dei punti di forza. Da cantante, da presentatore, ha fatto della sua voce una specie di icona. Da scrittore le sue parole incalzano e creano velocità e stupore ma allo stesso tempo fanno riflettere. Feriscono, scolpiscono delle immaginarie rocce, lasciano il segno ma allo stesso tempo sono liberatorie, perché a questo punto è meglio una brutta verità che l'incertezza, la paura di tutti e di nessuno, l'oblio. Il finale tutt'altro che scontato rappresenta un carico di sensazioni, sentimenti e colpi di scena che viene buttato addosso al lettore che fino a quel momento ha seguito con il giusto coinvolgimento la vicenda del protagonista. Il finale, che ovviamente non vi dirò, fa riflettere, fa giudicare ed (aspetto per me fondamentale in un romanzo) è quanto di più lontano possa essistere dall'essere scontato o lieto.

martedì 22 ottobre 2013

"Argento vivo" di Marco Malvaldi

Preso dall'entusiasmo per la mia nuova esperienza pseudo-letteraria di carattere fondamentalmente virtuale, oggi mi metterò subito a parlarvi di un romanzo uscito piuttosto recentemente che ho appena finito di leggere. Praticamente questa notte. Intorno all'1, minuto più minuto meno. Questo dettaglio a vantaggio degli amanti delle statistiche. E' pubblicato da Sellerio, costa 14 euro e l'autore si chiama Marco Malvaldi. Non è un autore a me sconosciuto. Ho letto molto di lui sia all'interno della Trilogia del Bar Lume sia all'esterno. L'ho conosciuto un po' per caso, notando, partendo dal titolo di un suo libro, che abbiamo una passione in comune, quella per le carte. E in particolar modo per la briscola. Se poi volessimo approfondire il rapporto che un autore, e in particolar modo questo autore, ha con il titolo del proprio libro non basterebbe un intero blog. Nel mio caso il titolo ha importanza, così come ha importanza la copertina, giusto per rendere contenti gli amanti del marketing. Peccato che le mie ragioni abbiamo poco a che fare con le loro. Restando sul titolo, è innegabile che abbia importanza per chiunque si avvicini alla lettura o alla scelta di un libro. Crea aspettative, dice tutto e non dice niente, può farti decidere (all'istante) di leggerlo o di scartarlo. Ecco, per capire l'argento vivo il nostro autore ti fa attendere 200 (201 per gli amanti di prima) pagine. O comunque per spiegartelo apertamente. E qui subentra un'altra passione che lo caratterizza anche in altri scritti, quella in cui io questa volta non lo accompagno neanche morto: la matematica. La storia, che a detta dell'autore è frutto della fantasia della compagna, è presto detta. In Toscana una banda di criminali, dopo essersi assicurata che la casa del loro obiettivo fosse vuota, assalta e deruba l'abitazione di un noto scrittore. Il quale subisce oltre al danno di tipo economico anche la beffa, non avendo salvato il proprio ultimo romanzo da nessun'altra parte se non che nel pc. I personaggi più o meno principali sono una decina in tutto e la rapina da subito si intreccia con la vita e la vincenda di Leonardo, giovane programmatore. Il quale Leonardo, a mio modesto avviso, ricorda, in diversi aspetti, il protagonista di almeno altri due racconti dello stesso scrittore. Ovviamente i rapinatori per mettere a segno il colpo hanno bisogno di un auto, e quale scelgono se non quella del programmatore? auto che tra l'altro è sottoposta a fermo amministrativo... Personaggio numero tre: Corinna, detective attraente ma poco apprezzata dal suo superiore, agente con il fiuto e anche con la risposta pronta. Agente che rappresenta l'Italia che della meritocrazia non sa che farsene o meglio lo sa benissimo ma è meglio se non lo scrivo altrimenti divento volgare già nel primo articolo. Il tutto viaggia sui binari della velocità, dell'equivoco, della disperazione (a tratti), dell'assurdo. Una serie di combinazioni, di detto non-detto, di conclusioni tratte troppo in fretta. Leonardo si trova (nel mentre fronteggia una multa contestatagli da Equitalia) a dover giustificare praticamente a tutti i suoi comportamenti. Diventa l'indagato numero uno, diventa l'uomo bersaglio che rischia di perdere il lavoro, colui che sembrerebbe essere il colpevole di tutto ciò che avviene nella storia. Gli toccherà rimboccarsi le maniche per discolparsi, anche con mezzi poco leciti. A questo si aggiunge il lavoro di chi conduce le indagini, alla cui guida (e chi se no?) la gerontocrazia che brancola nel buio anche quando inizia a capire la strada maestra, quella che conduce all'innocenza di Leonardo (tranquilli, non vi sto bruciando il finale). L'altro lato, quello positivo, della gerontocrazia lo troviamo nella casa editrice dove lavora Giacomo. L'editore, infatti, il dottor Luzzati, rappresenta un mix tra esperienza, capacità, passione, amore per il proprio lavoro. E' in grado, da buon condottiero, di correggere il tiro, di rimediare agli errori e di ripristinare i vecchi canoni della stampa, quelli tanto cari ai lettori ben attenti ai contenuti e meno al contenitore. Per questa e per altre ragioni secondo me Malvaldi apre una finestra sul mondo dei libri. Sul complesso mondo oscuro che c'è dietro la pubblicazione e la scelta e la correzione di un romanzo. Questa operazione, detto tra parentesi, mi ha subito fatto pensare a quella fatta, qualche anno fa, da De Carlo che, con il suo "Leielui", ci fa mettere la mano sopra le brutture e le incoerenze di un mondo affascinante e marcio al tempo stesso. Uno dei protagonisti di "Argento vivo" è Giacomo, scrittore un po' distratto che non becca da almeno un decennio il canale giusto per realizzare un libro apprezzato dal pubblico. E questa cosa apparentemente non lo turba, probabilmente fino a quando non incontra Leonardo che, senza peli sulla lingua gli dice tutto quello che pensa del suo libro. A quel punto cambia qualcosa, cambia sia l'approccio alla scrittura, cambia l'approccio con il suo editor e cambia anche il rapporto con il suo editore. Da quel punto si rende conto dell'utilità delle critiche di Leonardo che fino a quel momento aveva fortemente odiato perché ritenuto il responsabile del furto del computer. Ma torniamo al rapporto tra editor e scrittore. Il mercato, la routine, la crisi sia dell'economia sia dei lettori hanno portato grossi cambiamenti. L'editor appare più interessato all'organizzazione di feste, di banchetti, di presentazioni pompose, di campagne pubblicitarie anche quando i tempi non sono maturi, di quanto non sia attento a fare il proprio reale compito. Leggere, leggere, leggere, giudicare, aiutare, consigliare, segnalare, assistere. Non vi dirò come finisce il racconto. Se avete voglia di leggerlo, se lo avete già fatto, se lo state facendo o se volete inserire qualunque altro commento, il blog è a vostra disposizione e sarò felice di leggervi e rispondervi.

lunedì 21 ottobre 2013

Presentazione

Buonasera e benvenuti nel mio nuovo blog. Da oggi apro uno spazio virtuale dedicato al mondo dei libri. Recensioni, novità, consigli, pareri e molto altro. L'immagine che vedete è la copertina di uno dei miei preferiti da cui è tratto anche il nome del blog. Ovviamente la recensione de "I ragazzi della via Pal" farà parte dell'arredamento e userò le tinte di Molnar per colorare questi muri molto presto. E' un libro carico di significati, di simboli, di storia. O almeno per me. E' un racconto che ha per protagonisti dei ragazzi ma che ogni adulto dovrebbe leggere se non l'ha fatto da ragazzo. Un altro libro fondamentale per la mia formazione è quello che sto leggendo (e questa frase potrebbe tranquillamente essere scritta o detta in qualunque momento della mia vita, ma questa è un'altra storia), "Argento vivo" di Malvaldi, da cui in minima minima parte copio l'idea di aprire un blog con recensioni e pareri sui testi letti. Ci sarà molto altro da dire, se non mi fermerò (come in effetti faccio puntualmente in ogni mia cosa, ma per questa cercherò di fare uno strappo) all'inizio dell'avventura ci vedremo nei prossimi giorni.