mercoledì 17 febbraio 2021

Recensioni: Il teatro dei sogni - Andrea De Carlo


"Il teatro dei sogni" di Andrea De Carlo l'ho finito di leggere il 25 dicembre del 2020, in piena Zona Rossa.
Per chi come me ha amato De Carlo, e di conseguenza è rimasto un po' spiazzato dalle ultime opere, questo libro rappresenta un tentativo di ritorno alle origini. Sia chiaro, siamo ovviamente nella sfera dei gusti personali e tutto ciò che dirò sarà mio personale giudizio. Per questo ci tengo a dire chiaramente che gli ultimi mi hanno lasciato molto perplesso, tanto da non riuscire a portarli a termine. Non vado orgoglioso di questo, e correggerò quest'errore. 
Non è tornato dunque il vecchio De Carlo, quello che mi ha fatto sognare durante "Mare delle verità" o fantasticare con "Durante", ma le basi ci sono. E' un libro pungente, satirico, riflessivo, attuale.
Attuale perché fotografa, partendo da una piccola realtà di provincia immaginaria, l'intera penisola. L'amministrazione comunale si confonde con la politica nazionale e viceversa. I big dei principali partiti, neanche tanto difficili da individuare, si gettano a capofitto in una situazione di probabile business con le conseguenze che ne derivano: mediatiche, economiche e soprattutto politiche.
Riflessivo perché snocciolando la sua visione d'Italia ci costringe, inevitabilmente, a confrontarla con la nostra, a ragionarci su a essere d'accordo o in disaccordo con lui. Quello che non è possibile è sicuramente l'indifferenza. Leggendo questo libro ti schieri, decidi, annuisci o t'incazzi.
Satirico come solo De Carlo sa esserlo. I personaggi di cui sopra, con le loro goffaggini e con le loro caratteristiche, arrivano anche alle mani, in una riunione allargata che potrebbe tranquillamente avere vita in Parlamento o in una trasmissione televisiva. Così uguali e così diversi i leader dei due principali partiti populisti, neanche tanto velatamente coperti da nickname, si affrontano ognuno seguendo le sue ragioni. All'interno una storia d'amore e di amicizia e di passione tra due "locali" catapultati giocoforza in questa polemica nazionale.
Pungente perché sottolinea perfettamente i limiti degli uni e degli altri, che poi sono gli stessi della maggior parte degli italiani. Pungente perché la storia in sé lo è, non solo i personaggi.
Una cronista d'assalto, che rappresenta un'inviata di uno dei programmi spazzatura da pomeriggio su una qualunque rete nazionale, salvata durante il giorno di capodanno da uno sconosciuto intorno al quale girerà tutta la storia. Un archeologo capace di tirare fuori, dalle macerie, un teatro antico dall'incommensurabile valore storico, artistico e economico. Un teatro sul quale tutti si butteranno, nonostante la scarsa idea di cultura che abbiano, per non dire proprio la scarsa cultura insita in loro stessi.