mercoledì 28 aprile 2021

Recensione: Later di Stephen King

Ho appena terminato di leggere "Later" di Stephen King. Un libro edito da Sperling & Kupfer nel 2021. Una storia di un bambino con un dono speciale: poter ascoltare i morti. E già qui, quando lo capisci, ti caghi letteralmente sotto. Perché King non te lo dice con giri di parole, ma ti sbatte la verità in faccia. La narrazione è in prima persona, e quindi è più corretto dire che è il bambino, Jaime, a dirti con la massima tranquillità che la persona con la quale stava parlando era morta. Sì, perché non li ascolta a basta, ci parla, dialoga, fa domande e risposte. Con tutto ciò che ne consegue per il regno di quelli rimasti vivi.

Una volta appurato questo, messo nel cassetto delle cose note, si può andare avanti. I morti che parlano con il bambino sono solitamente in piedi vicino al loro cadavere e non possono dire le bugie. Devono rispondere alle domande di Jaime. Anche lui, però, nella sua narrazione, spesso di ferma a dire, quasi come un mantra, sempre la verità, anche quando è scomoda, anche quando non c'entra. Anche se spesso tutto ciò avviene nella sua testa, perché non dà fiato alle idee, per non spaventare sua madre. Una sorta di protezione che, nonostante ciò che gli succeda, tiene viva nei confronti del suo unico affetto. Tia, sua madre, ha cresciuto Jaime da sola e da sola ha condiviso questo segreto, chiedendogli, per ovvie ragione, di non parlarne con nessuno.

Ma non tutti i piani riescono bene e non tutti i doni paranormali offrono risvolti positivi. Jaime si trova ad affrontare delle situazioni al limite rimanendo sempre in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un crescendo che ci conduce fin quando il bambino compie il 22esimo anno di età, presi per mano proprio da lui e dai suoi racconti, sbattuti all'interno di mondi che collegano l'aldilà all'aldiquà. 

Sull'autore non c'è molto da dire. Non ha bisogno di presentazioni. Vorrei soffermarmi, per concludere, su chi ha tradotto l'edizione italiana. Lavoro migliore non avrebbe potuto fare. Un lavoro linguistico di spessore, tra dialoghi paradossali e violenti, riflessioni e pippe mentali, situazioni drammatiche e paurose.

Anche in questo caso, consigliato.

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